«Il vero olio 100% italiano è in pericolo, ma possiamo ancora salvarlo»
L’olio d’oliva fa parte non solo dell’essere italiani, ma è parte integrante della nostra dieta e del nostro paesaggio toscano, con uliveti che da secoli caratterizzano le nostre bellissime zone di campagna. Si fa presto a dire “olio d’extravergine d’oliva”, quello che portiamo sulla tavola ogni giorno per condire le nostre pietanze. Forse fin troppo presto: non sempre la dicitura “olio extravergine d’oliva” basta per garantire l’assoluta qualità dell’olio che consumiamo. Anzi… quasi mai. Ha fatto molto scalpore lo scandalo dell’olio extravergine del novembre 2015: in pratica alcune aziende italiane hanno commercializzato olio vergine (quindi di qualità inferiore) spacciandolo per extravergine 100% italiano, utilizzando invece anche olive provenienti dall’estero.
Uno smacco per uno dei vanti dell’agricoltura italiana, una truffa per consumatori e produttori di olio onesti. Fortunatamente c’è ancora chi sulla qualità dell’olio non transige. Pietro Barachini da oltre 20 anni lavora nel settore: Barachini è capo di un azienda storica di monocultura olivicola a Pescia. Recentemente è anche diventato assaggiatore professionista secondo il metodo Coi, l’ente internazionale che garantisce (o dovrebbe garantire) il rispetto degli standard qualitativi dell’olio. Barachini non ha risparmiato critiche nei confronti del Coi, che ancora si avvale di strumenti obsoleti per stabilire la qualità dell’olio. Dalla passione per la cultura olivicola e per la qualità, Barachini ha creato una app: i-Olive. L’applicazione, pensata per gli addetti ai lavori e scaricabile gratuitamente, nasce dalla volontà di creare una rete gratuita di produttori di olio in Italia e nel mondo, rendendo tracciabile il prodotto dalla pianta alla bottiglia d’olio in tavola. «Con questa app – racconta Barachini – mi piacerebbe aiutare le aziende agricole di tutto il mondo a mantenere uno standard qualitativo superiore, andando un po’ oltre le sole indicazioni Dop e Igp che da sole non dicono tutto di un olio e del suo produttore».
L’app i-Olive ha vinto nel 2015 il primo premio “Oscar Green” di Coldiretti e, come premio, è stata presentata all’expo di Milano. La volontà di Barachini e del suo team sarebbe quella di creare una startup che certefichi la qualità dell’olio d’oliva come non è mai stato fatto prima. «Il rischio è di mettere in pericolo la purezza dell’olio italiano. Non è una questione di bandiere: le varietà italiane autoctone sono le più ricche di elementi nutritivi. Negli ultimi anni, per fornire alla grande distribuzione un prodotto ad un prezzo inferiore, sono stati importati dall’estero qualità di olive di scarsa qualità, preferite a quelli autoctoni. Se si continuerà cos., l’olio 100% toscano rischia di sparire per sempre dalle nostre tavole ». Pietro Barachini, oltre che la propria app, vuole promuovere un modo di produrre olio diverso da quello predominante: «La forza dell’olio autoctono non è la quantità, ma la qualità. Meglio farne meno ma farlo meglio. In Spagna producono da decenni olio di scarsa qualità da tramite culture intensive, con raccolta meccanizzata delle olive. Stanno iniziando anche in Italia, precisamente in Puglia utilizzando sistemi superintensivi con cultivar straniere a distanza ravvicinata a meno di un metro l’uno dall’altro. Quello secondo la normativa UE diventerà olio italiano, ma la buona qualità è un’altra cosa…». Il rischio, secondo Barachini, è che qualcosa di simile possa accadere anche in Toscana nei prossimi anni. «Sarebbe un delitto: il nostro olio non solo è tra i più buoni al mondo, ma è anche quello con i migliori valori nutritivi. Sto lottando con tutte le mie forze per sensibilizzare i produttori d’olio alla qualità, attraverso la tecnologia e la convinzione di puntare sull’estrema qualità del prodotto, più che sulla quantità».
Per mettersi in contatto con Pietro Barachini ed entrare a far parte della sua rete di certificazione i-Olive è possibile consultare il sito web http://iolive.it/ .