Tutti lo odiano: è l’olio di palma Ma è così dannoso per l’uomo? E per l’ambiente?
E’ uno dei dibattiti all’ordine del giorno in tema nutrizione, ambiente e diritti umani. Stiamo parlando di olio di palma. Tra gli ingredienti più usati in campo alimentare industriale, che fino a poco tempo passava quasi inosservato sulle etichette di snack e biscotti oggi è diventato un sorvegliato speciale. Molti i consumatori che scelgono sempre di più prodotti che non lo contengano. Molte le aziende, tra cui brand storici e multinazionali che scelgono, forse più per politica di marketing strategico, che di economia sostenibile, di eliminarlo. Si parla di olio di palma in termini spesso generici. Ma di che prodotto si tratta in particolare? Olio di palma e olio di palmisto, sono due degli oli vegetali saturi non idrogenati che possono essere ricavati dalle palme da olio. La principale palma dalla quale viene estratto l’olio è l’Elaeis Guineensis, ma non manca la sua estrazione anche dalla Elaeis Oleifera e dall’Attalea Maripa. Qualche numero. La percentuale di olio di palma ricavata è pari al 32% della produzione mondiale di oli e grassi. A febbraio 2016, la produzione e distribuzione di olio di palma pare sia arrivata a 66,22 milioni di tonnellate. Mentre per l’olio palmisto siamo a 7,33 milioni di tonnellate. La polemica sull’uso dell’olio di palma è, visti i dati, sempre più accesa, proprio perchè è uno dei prodotti più richiesti sia nell’industria dei detergenti che in quella alimentare, visto il costo contenuto per chi scegli di commercializzarlo. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità il consumo di olio di palma deve essere rivalutato e possibilmente ridotto. Ma se il tema sui possibili effetti cancerogeni è ancora tutto da discutere, certi sono i danni documentati in tema ambientale. La produzione di olio di palma sta causando la perdita di zone verdi, in particolare sta distruggendo la foresta pluviale del Sud-Est asiatico, l’habitat naturale degli amabili oranghi. Se gli impatti ambientali della produzione industriale dell’olio di palma sono ben noti e documentati, quando si parla di diritti umani, sono poche le ricerche condotte. Tra queste emerge il rapporto stilato dal Bloomberg Businessweek che contiene i risultati di un’inchiesta durata nove mesi. I danni riguardano conseguenze sul cambiamento climatico e minano seriamente la salvaguardia della biodiversità della foresta pluviale del Sud-Est asiatico. Oltre a questi si contano le troppe violazioni dei diritti umani. Nel Rapporto del Bloomberg Businessweek si legge che tra i circa 3,7 milioni di lavoratori del settore, sono migliaia i bambini lavoratori. Allo sfruttamento minorile si aggiungono condizioni di lavoro non regolamentato in situazioni di pericolo e soprusi. In alcune piantagioni tra cui quella di Berau, di proprietà di un azionista locale, sono state raccolte le testimonianze di oltre 95 operai costretti a lavorare in condizioni inumane, obbligati a dormire in baracche senza finestre e lavorare per un minimo di due anni. Secondo la Menapak, una ONG al servizio dell’ambiente, chi lavora nelle piantagioni di olio di palma è costretto a bere acqua stagnante perché le provviste di acqua dolce date ai lavoratori non durano più di una settimana al mese. Tra le situazioni a rischio, molti operai sono costretti a lavorare con il paraquat, una sostanza dannosissima per la salute umana e per l’ambiente. Si tratta infatti di un erbicida vietato in almeno 32 paesi, fino allo scorso aprile quando anche la Cina è divenuto il 33° paese a vietare questa sostanza.