L’anello di congiunzione tra uomo e scimmia scoperto da un ricercatore toscano
C’e anche un ricercatore toscano, il dottor Damiano Marchi, nel team di studiosi che hanno analizzato l’“Homo Naledi”, una “nuova” (si fa per dire, risalirebbe forse a 3 milioni di anni fa) specie di ominide, i cui resti sono stati rinvenuti in Sud Africa, in una grotta a circa cinquanta chilometri da Johannesburg. Si tratta di una scoperta scientifica importantissima, che getta nuova luce e pone nuovi interrogativi sulla storia dell’evoluzione umana. Il dottor Marchi, antropologo del dipartimento di biologia dell’Universita di Pisa, si e occupato di studiare gli arti inferiori degli ominidi, che avrebbero caratteristiche assai simili a quelle dell’Homo Sapiens. Pare infatti che il Naledi fosse in grado di camminare in posizione eretta, una peculiarita che sembrava tipica soltanto di ominidi di epoca piu vicina alla nostra. Anche altre caratteristiche renderebbero l’Homo Naledi simile a noi come, ad esempio, i denti relativamente minuti. Tuttavia il suo cervello era di dimensioni ridotte, grande piu o meno come un arancia, e piu simile a quello di una scimmia che a quello di un uomo, cosi come gli arti superiori, adatti alla vita sugli alberi. Si tratterebbe di un’ulteriore e affascinante testimonianza, insomma, del fatto che l’evoluzione umana non e stata una linea retta, e che la natura ha seguito diverse direzioni prima di arrivare all’Homo Sapiens, cioe all’uomo moderno. La scoperta dell’Homo Naledi e stata annunciata a settembre ma e frutto di due spedizioni di ricerca, una di Novembre 2013 e una di Marzo 2014. Il dottor Marchi, unico italiano in una equipe composta da oltre 50 studiosi, e stato selezionato mediante un concorso internazionale. Come lo stesso Marchi ha spiegato alla stampa, e stato il capo della spedizione scientifica, il dottor Berger, a indire il concorso. «Vista l’enorme quantita di materiale scheletrico a disposizione – ha detto Marchi – E la necessita di organizzare uno studio accurato e tempestivo, il professor Berger ha indetto un concorso internazionale per selezionare i massimi esperti nei vari campi della paleoantropologia. Alla fine sono stati individuati vari ricercatori di tutto il mondo, tra i quali sono stato scelto, come unico rappresentante italiano, per i miei studi sulla biomeccanica dello scheletro postcraniale dei primati umani e non umani». Il dottor Marchi ha creato dei modelli interpretativi per capire come si muovevano gli ominidi e, grazie al suo contributo, e tra i coautori dei lavori di descrizione della nuova specie, pubblicato sulla rivista “eLife”. Marchi sara primo autore del lavoro che riguarda lo studio dell’arto inferiore, che sara invece pubblicato su un numero speciale del “Journal of Human Evolution”, una delle riviste leader per gli studi paleoantropologici. I resti dell’”Homo Naledi” sono stati rinvenuti a 30 metri di profondita in un antro, il Dinaledi Chamber, all’interno di una delle grotte che fanno parte del sistema di caverne denominato Rising Star, situato nella provincia di Gauteng, in Sudafrica. I reperti fossili erano oltre 1500, appartenenti ad almeno 15 individui di diversa eta e sesso. La presenza di quasi tutte le parti dello scheletro rende il ritrovamento eccezionale dato che si e cosi potuto descrivere la nuova specie in maniera accurata. L’Homo Naledi, chiamato cosi perché “naledi” nella lingua locale del Sudafrica significa “stella”, con riferimento al sistema di caverne (Rising Star, cioe “Stella che sorge”) era alto un metro e mezzo, pesava circa 45 chili ed era dotato di dita estremamente curve, piu di qualunque altra specie simile, a testimonianza di una particolare abilita nell’arrampicarsi. I piedi e le lunghe gambe suggeriscono che era predisposto per lunghi spostamenti. E’ proprio la combinazione di diverse caratteristiche anatomiche che distingue l’Homo Naledi da ogni altra specie finora conosciuta.
Andrea Marchetti