Dall’Università di Pisa un progetto per la connessione internet ”ultralarga”
Dall’Università di Pisa un progetto per la connessione internet ”ultralarga”Grazie al progetto europeo “COCONUT”, coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ci connetteremo a internet in maniera ancora più veloce. Tantissimi canali ottici, inseriti nelle fibre attuali con cui sono compatibili, porteranno ogni utente a viaggiare fino a 1Gbit al secondo. Il futuro è dunque la banda ultra larga, con tantissimi canali a lunghezza d’onda differente (definiti WDM) che permetteranno, ad esempio, di scaricare video a velocità e con risoluzione mai provate. Il tutto a costi contenuti perché non c’è bisogno di intervenire sulle attuali infrastrutture di rete. Il progetto “COCONUT” (acronimo di “COst-effective COhereNt Ultradense- WDM-PON for lambda To-the user access) è finanziato con un budget complessivo di circa 4 milioni di euro ed coordinato dagli scienziati italiani della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Si tratta di una ulteriore evoluzione della fibra ottica, con prestazioni più elevate rispetto alle migliori oggi garantite dai gestori di rete. Questi sistemi “ultradensi”, sviluppati in Italia con il progetto europeo “COCONUT”, garantiscono un ulteriore potenziamento della velocità di accesso e del numero degli utenti che si possono connettere. Ognuno di loro – per un totale di oltre 300 utenti per ciascuna rete “WDMPON, “Passive Optical Network” – può contare su una velocità di connessione pari a 1Gbit/s. Dopo 3 anni di ricerca e di test in laboratorio, l’efficacia del nuovo sistema è stata confermata con la dimostrazione pubblica dello scorso 5 Febbraio a Pisa, quando è stato utilizzato anche un tratto di rete commerciale a fibra ottica della città. Usando i nuovi sistemi di trasmissione sulla rete in fibra già operativa, l’esperimento ha dimostrato come sia possibile da subito potenziare in misura significativa l’utilizzo delle odierne infrastrutture di rete con risultati eccellenti. La stessa tecnologia può essere impiegata per collegare a internet le antenne (le cosiddette “torri”) della rete cellulare, con una velocità sempre crescente. La prospettiva appare interessante anche per le future reti “5G”. Il coordinatore del progetto è Ernesto Ciaramella, docente di telecomunicazioni alla Scuola Superiore Sant’Anna Le università partner sono Universitat Politecnica de Catalunya (Spagna) e Athens Information Technology Center (Grecia), a cui si aggiungono l’operatore British Telecom (Regno Unito), le aziende fornitrici di apparati/ dispositivi Ericsson AB (Svezia) e Alcatel- Lucent 35Lab (Francia), le aziende Promax Electronica (Spagna), Optronics Technologies (Grecia). Dei 4.1 milioni di euro di budget complessivo, 2.8 milioni sono il contributo diretto della Comunità Europea. La sfida progettuale era quella di portare 1Gbit al secondo in casa di ogni utente è un traguardo che ha richiesto lo sviluppo di una tecnologia “di frontiera”. L’obiettivo fondamentale era provare la fattibilità di una nuova rete di accesso a internet, sempre in fibra ottica ma detta “Passive Optical Network” (“PON”) e che rientra nella tipologia delle reti a larga banda dette appunto “Fiber to the home”. «Nella versione più performante – spiega Ernesto Ciaramella – le reti ‘PON’ utilizzano la ‘multiplazione’ di lunghezza d’onda, ovvero molti canali a lunghezza d’onda diversa (“WDM”). La nostra intenzione era di aumentare in maniera significativa il numero di canali, cioè il numero delle lunghezze d’onda e, pur mantenendo la compatibilità con le infrastrutture attuali, estendere in modo significativo le dimensioni della rete e quindi il numero di utenti in grado di connettersi con un costo accessibile per tutti gli utenti».