Cari Giovani non chiudetevi in voi stessi ma abbiate il coraggio di parlare!

mar17_giovaniChiedersi perché, a volte, è più importante che giudicare. Che siano stati 10 grammi di hashish, la guida del motorino in stato di ebrezza o un qualsiasi altro oggetto rubato al supermercato, il gesto che ha compiuto il ragazzo genovese di 16 anni, eccede di gran lunga le condizioni oggettive dell’accaduto. Probabilmente, il problema non è se sia stato giusto o meno indire una perquisizione in casa di una ragazzino. Tantomeno, possiamo aprire una discussione sulla gravità dell’uso di sostanze che alterano il sistema nervoso e quindi di tutte le droghe legali e non, perché non è questo il punto.

Il centro dell’attenzione dovrebbe essere spostato sulla comunicazione, sul sentimento che non ha trovato uno sfogo ragionevole, se non in un gesto di follia. Forse dovremo chiederci che cosa abbia portato questo ragazzo a togliersi la vita: la mancanza di trasparenza nella comunicazione, la paura del giudizio. Un’analisi sociale sarebbe forse più congruente con la gravità della situazione.

Perché il problema non è il proibizionismo ma la mancanza di meccanismi di adattamento per l’ accettazione dell’errore, la mancanza di comunicazione. Allora, potremo forse chiederci perché è successo e che cosa fare per evitarlo in futuro. Senza pretendere di trovare risposte, le domande aprono una discussione sulla nuova generazione, non su un singolo giovane. Una generazione che, evidentemente sta trovando delle difficoltà importanti nel percorso di crescita.

E allora, che cosa potremo fare noi adulti per aiutarli? Che cosa abbiamo sbagliato? Perché siamo arrivati ad es¬sere i testimoni di questi atti di follia senza poter essere lì a prevenirli?
Forse una bassa autostima, forse l’idea che a questi giovani è stato dato tutto da un punto di vista materiale senza che ci chiedessimo se non li avremo impoveriti da un punto di vista emotivo ed umano. L’educazione cambia enormemente secolo dopo secolo, ma trovarsi di fronte a fenomeni così invasivi come l’avvento dei social media e della tecnologia ci ha trovato impreparati. Perché la tecnologia ha cambiato i rapporti di fiducia tra le persone, mentre le famiglie erano e sono in crisi da un punto di vista culturale, economico, sociale e non sanno come rispondere. La mancanza di qualità dei rapporti tra amici e tra familiari, la mancanza di comunicazione che porta a non saper come reagire di fronte ai propri errori e alle difficoltà. Non si è pronti mai abbastanza, si sbaglia, ma in qualche modo dovremo cavarcela, una soluzione c’è.

E allora, il messaggio ai giovani è di non chiudervi in voi stessi, ma di par¬lare, di comunicare. Perché, sembrerà strano, ma c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltare e soprattutto, a perdonare.

Francesca Malloggi

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