C’è un pezzo di Serie A in Valdinievole
MONSUMMANO – C’è un pezzo di Serie A a Monsummano da quest’anno. Un pezzo tra i più pregiati: l’Academy del Torino. Pregiato perché ha portato sul nostro territorio i metodi e i valori di una delle società di più alto livello tecnico e morale che ci siano in Italia, oltre che un blasone che a livello giovanile ha vinto veramente di tutto. Questo sbarco in Valdinievole di una realtà così qualificata e importante ce lo siamo fatto raccontare da Paolo Fascetti, il direttore generale della società monsummanese “Giovani Granata”. Aspettando che finisse una telefonata, nel suo ufficio al campo Ezio Loik, mi sono guardato intorno. Su un manifesto, con la forza di uno spunto programmatico, c’è scritto: “Mettiamoci in gioco”. Su un altro, dal sapore più promozionale, eccolo lì il vanto dell’impresa: “Vieni a giocare con il Toro!”.
I GIOVANI GRANATA – “Il nome ‘Giovani Granata’ lo abbiamo scelto proprio da quest’anno – mi racconta il dirigente – per un motivo pratico e uno cromatico. Il motivo pratico è la lunghezza del nome: con ‘Giovani Calciatori’ com’era sino all’anno scorso nei calendari e negli spazi espositivi non c’entrava mai la parola ‘Monsummano’. Il motivo cromatico, ovviamente, è che il granata è il nostro colore, oltre a quello del Torino”. Il nome fresco fresco non deve indurre in errore: questa è una società radicata e strutturata. “Quest’anno abbiamo toccato la quota dei 250 ragazzi iscritti – afferma con evidente soddisfazione Fascetti – suddivisi in 19 squadre, seguiti da 21 istruttori, un preparatore atletico, un posturologo interno alla società e un preparatore dei portieri”. Un vero e proprio esercito, coadiuvato da una società con ruoli chiari e ben suddivisa (con Corso Biagioni responsabile dell’Academy, Matteo Luzzi responsabile organizzativo e Federico Flosi responsabile della scuola calcio) che non si improvvisa certo in pochi mesi: “Abbiamo deciso sin da subito che dovevamo avere una struttura competente, adeguata e seria”. Intento che ha voluto dire molto nel trattare con una società come il Toro…
L’ACCORDO – “In effetti, ci siamo subito accorti che molto ci legava con il Torino. Prima di tutto, questa convinzione di serieta. Questa ricerca della professionalita. Poi, i colori. Infine, ma non meno importante, la nostra storia: l’impianto in cui ci alleniamo è intitolato a Ezio Loik, uno degli eroi del Grande Torino periti a Superga…”. Un viaggio Monsummano-Torino andata e ritorno fatto più volte da Fascetti insieme al presidente Paolo Arbi, al vice Junior Grilli e da Corso Biagioni stesso, tutti convinti promotori del progetto, che non deve essere stato semplicissimo: “C’è dietro un anno di lavoro – conferma il direttore generale – fatto con persone, quelli del Toro, che hanno sempre dimostrato professionalita e grandissima umilta, una disponibilità che è difficile da trovare anche nella vita di tutti i giorni”. Figurarsi ad aver a che fare con una società di Serie A…
UNA PICCOLA TORINO IN VALDINIE VOLE – Ma essere un’Academy del Torino che cosa vuol dire? “Prima di tutto, vuol dire avere in organico istruttori iperqualificati. Il nostro personale tecnico, infatti, noi lo abbiamo proposto, ma poi è stato il Torino che, verificandone la qualità e la preparazione, lo ha confermato alla guida dei vari gruppi. Poi – prosegue Fascetti – vuol dire lavorare con i medesimi metodi di allenamento utilizzati nelle scuole che il Torino gestisce in prima persona. Un bambino che si allena a Monsummano avrà il medesimo, identico trattamento tecnico di uno che si allena in Piemonte. E non solo: ogni bambino ha una sua scheda tecnica nel database generale della squadra granata, con indicazioni personalizzate del lavoro svolto e della preparazione conseguita”.
OBIETTIVI: NESSUNA SELEZIONE, TUTTA SCUOLA DI VITA – Un iperlavoro di qualità professionale che avrà certamente degli obiettivi… “Questo è un lavoro – mi spiega il dirigente – che darà i suoi frutti in due, tre anni. Ma è importante chiarire una cosa: è vero, il Torino ha la prelazione su tutti i bambini. Ma noi non vogliamo fare nessuna selezione. Non c’è business, non c’è marketing qui: c’è solo gioco del calcio. Per capirsi: il rapporto che ci lega al Torino non ci obbliga certo ad acquistare da loro le nostre mute, il nostro materiale. Non c’è un accordo di marketing, il Torino non apre le academy perché vuol fare business, vuol vendere merchandising: il Torino apre le Academy (cosa che farà in un numero probabilmente non superiore a 20, quindi massimo una per Regione) perché vuol dare sostanza alle parole che spesso i profeti e i professionisti del pallone dicono in televisione: ‘Investire sui nostri giovani’. Ecco, questo è un investimento. Un investimento morale, prima che tecnico. Per fare un esempio: il lavoro proposto ai bimbi è per tutti esattamente lo stesso, non esiste che il bimbo più scattante o più portato faccia un lavoro diverso rispetto a quello magari meno prestante. Ci sarà differenza, come natura vuole, nei risultati, ma non nella proposta. Quello che noi vogliamo non è creare per forza dei piccoli fenomeni, vogliamo offrire una scuola calcio di qualità alta: quando un bimbo uscirà da qui si dovrà vedere la qualità con la quale ha lavorato. E, soprattutto, quello che vogliamo è cercare di istituire una vera e propria scuola di vita, con regole, discipline, lavoro di gruppo, socialità e tanto rispetto per sé stessi. Per questo pretendiamo dai nostri istruttori standard comportamentali ben definiti: il loro comportamento, così come anche il loro aspetto fisico, devono comunicare rispetto per sé stessi e per gli altri. Noi ai bimbi non possiamo presentare dei personaggi, non siamo qui per questo: siamo qui per fare gli educatori, proporre loro degli esempi di vita positivi, dediti alla cura di sé, del proprio corpo e delle proprie passioni.
IL CODICE ETICO – Per questo pretendiamo l’adesione ad un apposito codice etico, un codice scritto per i ragazzi, per gli istruttori e – soprattutto – per i genitori. Perché il nostro impegno è quello di far crescere dei piccoli uomini. Poi, se la natura vorrà, se li ha dotati sufficientemente, e se i bimbi ne avranno l’intenzione, se verranno fuori anche dei calciatori, ben venga…”.